Benjamin Blanchard, co-fondatore nonché direttore generale di SOS Chrétiens d’Orient, e Sebastiano Caputo, presidente della Fondazione, sono stati ascoltati dalla Commissione Affari Esteri della Camera dei Deputati sulla situazione delle comunità cristiane in Siria e sul lavoro umanitario svolto sul campo dalla nostra associazione umanitaria.
Mercoledì 4 dicembre 2019 alle 8 30, Benjamin Blanchard, direttore generale di SOS Chrétiens d’Orient, e Sebastiano Caputo, presidente della Fondazione SOS Cristiani d’Oriente, filiale italiana dell’associazione umanitaria francese, sono stati ascoltati dalla Commissione Affari Esteri della Camera dei Deputati, nel quadro di una sessione sui diritti umani, su invito dell’Onorevole Andrea Del Mastro Delle Vedove, membro di Fratelli d’Italia, nonché presidente del gruppo interparlamentare per i cristiani nel mondo. Un’importante opportunità per raccontare ai parlamentari italiani le nostre missioni umanitarie sul campo, in Egitto, Libano, Iraq, Giordania, Armenia e soprattutto in Siria, dove c’è una situazione drammatica a causa delle sanzioni. Durante la seduta, presieduta da Iolanda Di Stasio (Movimento 5 Stelle), Benjamin Blanchard ha sottolineato “la necessità, anche oggi, dopo sei anni, del lavoro di SOS Cristiani d’Oriente in tutta la regione”, mentre per quanto riguarda la Siria, ha ricordato che è arrivato il momento, per i Paesi occidentali di ricostruire e ristabilire dei legami diplomatici” (qui potete ascoltare il suo intervento completo).
L’intervento di Sebastiano Caputo: “Buongiorno a tutti quanti, Vi ringrazio per l’invito, in particolare l’Onorevole Andrea Del Mastro delle Vedove, col quale abbiamo intrapreso a marzo un percorso con l’intergruppo parlamentare per i cristiani del mondo. E’ un’occasione molto importante questa, e grazie all’Onorevole Iolanda De Stasio per averci introdotti in questa sessione. Io di formazione sono un giornalista, ho lavorato in zone di crisi e di frontiera, e per motivi di agenda, la Siria e l’Iraq sono i Paesi che ho coperto maggiormente in questi ultimi 4 e 5 anni. La prima volta che sono andato in Siria era nel settembre 2015, in un momento molto caldo del conflitto, partivo con tanti pregiudizi legati a una informativa occidentale che ci aveva raccontato tutta una serie di cose, poi quando però ti ritrovi lì scopri che la realtà sul campo è completamente diversa dalla realtà mediatizzata. In quella primissima occasione che andai a Damasco ebbi la fortuna di incontrare per caso il capo missione di SOS Chrétiens d’Orient, Alexandre Goodarzy, che anche lui era lì, è nata un’amicizia forte e poi col tempo un legame professionale. Quando un anno fa mi è stato proposto di diventare presidente della Fondazione SOS Cristiani d’Oriente, filiale italiana di SOS Chrétiens d’Orient, ho accettato subito perché dopo quello che ho visto in Siria ho deciso di non fare del giornalismo un voyeurismo, quindi non solo raccontare per denunciare, ma raccontare per costruire qualcosa di più importante, soprattutto dopo averli visti lavorare sul campo.
In un anno abbiamo fatto tante cose in Italia, sul piano delle relazioni istituzionali e pubbliche, più di 30 conferenze in tutta la Penisola dove si è raccontato il lavoro che si svolge in tutti i Paesi in cui SOS Cristiani d’Oriente è presente, li ricordo, Egitto, Giordania, Libano, Iraq, Siria e Libano, e noi abbiamo mandato circa 20 volontari italiani, tutte le nostre ambasciate sono state avvertite in via ufficiale, tra loro 5 sono partiti in Siria, con la quale non abbiamo più rapporti diplomatici, hanno svolto attività importanti, chi a Maalula, chi a Khabbab, chi ancora ad Aleppo, per sette mesi abbiamo dato corsi di italiano in una città uscita da poco dalla guerra! E come ricordava il mio collega Benjamin Blanchard, c’era grande entusiasmo da parte dei siriani a iscriversi ai corsi, indicatore utile per capire quanto è necessario tornare a essere italiani in Siria, un Paese con il quale avevamo accordi, eravamo il primo partner commerciale, poi è saltato tutto per via dell’inizio della guerra.
Vorrei ricordare poi l’impegno dell’Onorevole Andrea Del Mastro delle Vedove, che ha voluto fortemente il gruppo interparlamentare per i cristiani nel mondo, importante per sensibilizzare l’opinione pubblica e l’attività parlamentare, e poi anche vorrei ricordare il fondo per le comunità cristiane nel mondo, in particolare in Siria e in Iraq, del quale l’Onorevole Formentini è stato uno dei grandi protagonisti, e da persona che lavora anche in ambito umanitario posso confermarvi che la prima tranche è stata già stanziata tramite l’Agenzia Italiana per la Cooperazione e lo Sviluppo, ci sono delle ONG italiane che stanno partecipando al bando, e questo significa che se c’è volontà politica si possono fare delle attività molto concrete.
Domenica 22 dicembre alla Basilica di Santa Maria in Cosmedin di Roms, di rito greco-mechita, dalle 10.30 del mattino organizziamo una messa e una giornata per i cristiani d’Oriente, siete tutti invitati, parteciperanno anche alcuni dei nostri volontari che sono partiti per testimoniare la loro esperienza sul campo. Che poi è questa la grande specificità di SOS Cristiani d’Oriente: volontari occidentali che portano avanti, senza intermediari, in presa diretta, progetti di cooperazione e sviluppo insieme ai partner locali.
Quando si lavora in questi Paesi, gli aiuti sono la maggior parte delle volte destinati a tutta la popolazione civile, non si chiede il certificato di battesimo a nessuno, per noi le comunità cristiane sono una finestra, un punto di approdo, e anche una priorità per noi occidentali per un discorso civilizzazionale, ricordiamoci sempre che il cristianesimo nasce ad Oriente, ed è nostro dovere che li continui a esistere. L’obiettivo è quello di fermare un’emorragia, pensate che in Siria più del 50 per cento dei cristiani hanno lasciato il Paese dall’inizio della guerra, in Iraq più del 90 per cento a partire dal 2003, e nel nostro piccolo cerchiamo difendere il diritto a non emigrare, un diritto sacrosanto e non negoziabile, perché l’emigrazione non è né un erasmus né un viaggio in prima classe, bensì una ferita profonda all’interno delle società, soprattutto perché il più delle volte chi lascia il Paese sono i giovani, le forze vive di una nazione, le stesse che devono costruire ed emancipare un’intera società. E poi i cristiani non devono essere una riserva indiana nella regione, ma devono essere trattati da persone che vivono in mezzo ad altre persone, com’è stato per millenni, ghettizzarli significa metterli in pericolo e farli diventare dei bersagli nella percezione della maggioranza.
Per quanto riguarda la Siria, dobbiamo renderci contro che la narrazione sta cambiando, pensiamo ad Al Jazeera, grande sponsor dei Fratelli Musulmani durante le primavere arabe, si sta paradossalmente riposizionando, l’ambasciata degli Emirati Arabi Uniti ha riaperto a Damasco, molte ONG e aziende stanno tornando. Ma la priorità deve essere innanzitutto la fine delle sanzioni, se non partiamo da quello è difficile andare avanti, per noi italiani la riapertura dell’ambasciata, che è sospesa dal 2012, è una necessità, infine la capitale è sicura da quando è finita la battaglia della Ghouta nel marzo del 2018, per cui, sarebbe ora di organizzare una delegazione parlamentare ufficiale, con tutti gli schieramenti politici, per capire anche Voi in prima persona, cosa è possibile fare nel concreto.
In conclusione, le comunità cristiane in Iraq e in Siria non sono state abbandonate dall’Occidente ma sono state letteralmente tradite! “Abbiamo” sbagliato posizionamento politico e strategico, abbiamo appoggiato direttamente o indirettamente, chi ha massacrato i cristiani, questa è la verità. Ricordiamoci che molti cristiani iracheni e siriani, erano i primi patrioti, per cui bisogna stare molto attenti quando si persegue l’interesse nel difendere i cristiani in Oriente, prima di essere cristiani sono figli della propria terra, sono una comunità politica nazionale prima di essere una comunità religiosa. Facciamo attenzione alle strumentalizzazioni, lavoriamo i punta di piedi, con intelligenza, lucidità di analisi, visione d’insieme, senza imporre nessun modello occidentale, nel rispetto delle tradizioni e della cultura di questi popoli orientali”.
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